Ciao,
Ero certa fosse arrivato finalmente il momento giusto per parlare di un tema che ho in canna da circa due anni, invece ci ho ripensato. Ma questa puntata parla anche di come si può cambiare idea, quindi direi che tutto torna.
Ti capita mai di stupirti? No, non parlo di quando magari vedi per la prima volta le Cascate delle Marmore, o la spiaggia bianca di Cala Goloritzè (non l’hai mai vista? Beh, merita) o quelli dell’assistenza Facebook, o l’INPS, ti rispondono al primo colpo. Intendo quando fai, o non fai, qualcosa che ti lascia di stucco, che ti meraviglia, che ti stupisce. Le mie ultime due settimane sono state esattamente così:
Da circa un anno ho iniziato un percorso di terapia. Per molti anni ho avuto le idee chiare su questo tema: la terapia non era l’acqua mia. Non mi vedevo seduta su una poltroncina a parlare di cose personali con unǝ sconosciutǝ, che nel frattempo se ne sta davanti a me con la faccia a punta e prende appunti mentre faccio una delle mie battute sarcastiche. Mi sentivo così forte e sicura di me da pensare di aver tutto sotto controllo. Me la raccontavo davvero bene, eh.
In questo numero di Qualcosa avevo in parte già sviscerato la questione. La maternità è stato il mio turning point: un giorno mi sono osservata allo specchio e non ero più io. Mi ci è voluto del tempo per convincermi che era arrivato il mio momento con la terapia, ma ammetto che non tornerei indietro, anche perché: non c’è nessuna poltroncina, la persona a cui racconto le mie cose non è più tanto sconosciuta, non ha nessuna faccia a punta e prima di prendere appunti quando faccio una delle mie battute sarcastiche, ride di gusto. E poi, mi stupisco.
No, non ho nessuna intenzione di scrivere una newsletter sulla bellezza, e potenza della terapia - anche se le mie idee, come avrai capito, sono così cambiate da essere fermamente convinta che la terapia dovrebbe diventare obbligatoria per tuttз, dalle elementari in poi. Ma torniamo allo stupore.
Da questo mese ho iniziato, durante la seduta, a fare delle meditazioni guidate. Inutile dirvi che ero molto scettica. Nonostante abbia fatto mindfulness e conosca la magia della mente, non sapevo cosa aspettarmi ed ero certa che non avrebbe funzionato. Beh, mi sono ritrovata, alla fine di queste meditazioni, con una calma addosso che probabilmente ho provato davvero rarissime volte nella mia vita, simile a quella che provo quando sto a galla nel mare - ma quella dura poco perché poi mi assale il terrore che arrivi all’improvviso uno squalo, (si, ci sono anche in Sardegna). Invece, questa calma mi è rimasta appiccicata addosso per quasi tutta la settimana, pure davanti alle bizze della mia adorabile 5enne.
Ma forse la cosa che mi ha stupito di più è stata la meditazione del sorriso, e l’effetto che ha avuto su di me. Durante questa meditazione devi sollevare leggermente gli angoli della bocca e sorridere, per poi tornare a una faccia neutra. Ammetto che se qualcunǝ me lo avesse raccontato forse gli/le avrei riso in faccia, perché inutile negarlo ma sono una cinica inside, since 1984. Quando però gli angoli della bocca si sono sollevati, e io mi sono sentita subito illuminata, e stracolma di gioia per poi sentirmi un po’ meh, tristarella, quando tornavo alla faccia neutra, non potevo più raccontarmi nessuna storia. Aveva funzionato, eccome se aveva funzionato.
Uscita dalla meditazione ero talmente sconvolta da ciò che era successo che ci ho messo circa due giorni per riprendermi. Ma cosa mi ha stupita cosi tanto? Beh, in primis, me stessa. Per non aver ascoltato la voce giudicante, per aver scardinato il mio cinismo e scetticismo, e esserci riuscita. Mi sono stupita anche di come un sorriso potesse avere quella potenza, su di me soprattutto, che spesso mi immagino in un modo che forse non sempre combacia con la realtà. E poi mi sono meravigliata della buona riuscita dell’esperimento: chi lo avrebbe mai detto che bastava sorridere per sentirsi meglio? Siccome sono in vena di confessioni aggiungo anche che questa tecnica ha iniziato a far parte della mia quotidianità: se mi capita di sentirmi arrabbiata, triste, o confusa, sollevo gli angoli della bocca e lascio spazio al sorriso. Sembrerò fuori di testa a chi mi si para davanti in quel attimo, ma con me funziona.
Forse lo stupore è anche imparare qualcosa di nuovo, su di sé. Che assurda meraviglia! E tu, ti stupisci mai?
Se dovessi sintetizzare questi giorni di febbraio direi CALL. Ne ho fatto davvero un botto, soprattutto con Giulia Bruni, de La Bottega di Olivia, una gastronomia in quel di Ravenna dove sogno di andare presto, non solo per mangiare ma anche per bere i gin di cui parla nella sua nuova fiammante newsletter, che ho avuto il piacere di creare, occupandomi del settaggio e del template grafico. Con me Giulia, ha anche imparato a usare gli strumenti di mailchimp e adesso va spedita come un treno.
Nel frattempo, per una cliente a cui curo la comunicazione social, ho girato dei reel, li ho montati, sottotitolati e ho pensato a chi lo fa ogni f*cking giorno: ma come vi va? Che faticaccia amicз, davvero massima stima per voi, eh!
Ti ricordo che se vuoi imparare a usare substack, mailchimp, vuoi fare una campagna sui social, imparare a usare instagram o vuoi fare del voodoo su chi ha pensato Meta Business Suite puoi scrivermi per fissare una piccola call con me, ho ancora qualche spazietto per il mese di marzo. Se mi scrivi l’8 sappi che ti risponderà un out of office. Quest’anno lotto e me ne vado al corteo. Ti rispondo quando torno, però!
Ho appena finito Piccoli miracoli e altri tradimenti, il nuovo libro di racconti di Valeria Parrella, che il destino ha deciso essere anche il libro del mese di marzo di
. Spero tanto di invecchiare come le donne di questo libro: fregandomene dei capelli bianchi, sboccata, e libera.Sto leggendo Le cose che abbiamo perso nel fuoco di Mariana Enriquez, con la traduzione di Fabio Cremonesi. Vado a rilento perché il primo racconto mi ha fatto venire quasi gli incubi e adesso ho paura.
Leggerò Ombelico infinito di Dash Shaw un tomo di oltre 700 pagine di cui non so assolutamente nulla perché è un regalo di Carola, Cecilia, Franco e Alessandro, che ringrazio ancora. Devo solo capire in che posizione leggerlo vista la mole.
E se un giorno tuo figlio o tua figlia, unǝ bambinǝ ecco, ti chiedesse “ma da noi la guerra quando arriva?”. È da questa domanda che muove i suoi passi il podcast di Francesca Mannocchi, per Chora Media, dal titolo Per esempio, la guerra: ciascuna puntata, dedicata a un luogo di guerra, è un dialogo tra la giornalista e bambinз e ragazzз appartenenti a classi di diverso grado. Ascoltando non ho fatto altro che pensare che vorrei che questo progetto fosse una consuetudine nelle scuole di questo paese: che si parli di guerra alle piccole generazioni con equità, intelligenza e cuore, proprio come Mannocchi fa in questo podcast.
Sul filo del rasoio, nel giorno che serve a riallineare il calendario, finisce anche questa puntata di febbraio. Grazie per avermi seguito in questo ennesimo flusso di coscienza. E se ti è mai capitato di stupirti fammelo sapere qui. Sarei molto curiosa di sapere il motivo del tuo, di stupore.
Ci rileggiamo a metà marzo con l’edizione Piccola insieme a una sorpresa!
Ciao!
Qualcosa è gratuita ma richiede davvero tanto lavoro. Se ti va puoi lasciarmi una piccola o grande offerta per sostenere questo progetto e il lavoro che c'è dietro offrendomi un caffè o un tramezzino. Grazie.
Che bello questo racconto del sorriso, mó lo voglio provare pure io.
La psicoterapia è entrata molto presto nella mia vita, in un momento in cui c’era da vergognarsi a parlarne, forse è anche per questo che quando qualcun ne parla ad alta voce o ne scrive, io sono sempre felice. La meraviglia che provo nei confronti di me stessa è di certo quella che mi riempie di più. È stata forte, ad esempio, quella che ho provato durante la maternità, entrambe le volte mi sono scoperta una versione di me che mai mi sarei aspettata.
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