Ciao,
da queste ultime settimane di maggio e di inizio giugno ho imparato che
Volevo anche scusarmi perché questa newsletter arriva in ritardo. Poi ho pensato che il mio piano editoriale lo conosco solo io: quando aiuto le persone a creare e calendarizzare i loro contenuti online non manco mai di sottolineare che quel contenuto potrà essere spostato in caso di necessità, come contrattempi vari e sì, anche stanchezza. Se vale per i/le mie clienti deve valere anche per me.
E ora, bando alle ciance: questa puntata parte da una domanda semplice.
Se tu avessi una rendita mensile smetteresti di lavorare?
Apparentemente innocua, questa domanda è uscita per gioco durante un pranzo tra amiche e conoscenti. A te come suona?
A me è suonata male fin da subito ma senza capire bene perché. Per questo nei giorni successivi ho girato la stessa domanda in giro online - su Linkedin e Instagram: un piccolo esperimento sociale per aiutarmi a mettere a fuoco la questione.
Io non ho dubbi: non smetterei di lavorare manco se vincessi 12 milioni di euro. So rispondere senza pensarci su, perché è qualcosa a cui ho già ragionato in solitaria: tipo quando mi immagino di vincere al Superenalotto, unico modo per me per poter finalmente acquistare una casa di proprietà, grande obiettivo della mia vita per smettere di vivere in modo precario e di provare invidia nei confronti di tante tante tante persone che mi circondano (e non posso che rimandarti a una Invidiosa scritta da
che dice tutto quello che sento e penso anche io).Con dei soldi in più non smetterei di fare ciò che faccio adesso. E capisco che ci siano persone che non ci credano, che strabuzzino gli occhi, si facciano venire l’orticaria: sorry but not sorry, io terrei tutto quello che ho. Perché?
Perché il mio lavoro mi piace, me lo sono scelta costruendomelo addosso, prendendo e riprendendo misure. Soprattutto, l’ho desiderato a lungo. Certo è che con una rendita mensile farei scelte diverse: sarei ancora più attenta alla scelta dei/delle clienti, mi concederei dei momenti di lentezza e di pausa. Avrei meno ansia sul futuro, meno preoccupazioni: meno sassolini nelle scarpe, come direbbe Safran Foer.
Per me aprire la partita iva, nonostante la fatica e gli alti e bassi che comporta il mio lavoro, è stata una rinascita vera e tutto quello che è accaduto fin qui è merito di quel passo là. Qualcosa, la Clinica Digital, la Dottoressa Fadda, disegnare: sono tutte cose che mi sono permessa di fare grazie alla sicurezza che mi ha dato la partita iva.
Questo non vale per tuttз.
Mica siamo tuttз uguali
Mai come con questo ultimo referendum ho capito quanto viviamo in una bolla, anche fuori dai social. Da anni, per esempio, continuiamo a raccontarci che non è il nostro lavoro a definirci, ma in quantз possono permettersi di pensarlo davvero? Se alcune persone possono lasciare il posto indeterminato, altre non possono farlo per motivi di sopravvivenza. C’è chi si trova al momento e al posto giusto, e chi cerca per anni uno straccio di lavoro. C’è chi guadagna 5000€ al mese, e chi arriva a malapena a 500€.
A volte poi la rendita esiste già, ma non viene chiamata così: può essere il patrimonio familiare, il reddito del partner o una rete di sicurezza invisibile che permette di rischiare, reinventarsi, respirare.
La questione lavoro può toccare nervi scoperti, ricordare scelte sbagliate, frustrazioni nascoste, desideri repressi e soprattutto sottolineare un disequilibrio di privilegi. Negli ultimi anni mi è capitato spesso di sentirmi a disagio in varie situazioni sociali in cui si chiacchierava di benefit legati al lavoro dipendente, case appena acquistate o da acquistare, ristrutturazioni di vario tipo, organizzazioni di vacanze per me solo impensabili. Non tuttз riescono a rendersi conto che, sì, esistono ancora le classi sociali, con loro le differenze economiche. Non possiamo interfacciarci con le persone dando per scontato che siano uguali a noi, che vivano come noi, che la pensino come noi. Il mio vissuto non è il tuo, e il tuo non è il mio.
È tutta colpa del…
Ovvio che sì, ma io non ho una soluzione da proporre alla società moderna per ribaltarlo. Uscire dall’agenzia di comunicazione che mi sfruttava, lavorare da casa, decidere il mio prezzo, non approfittare delle persone con cui lavoro, dire costantemente ai/alle clienti che sui social bisogna divertirsi e non andare in burn out: queste, per me, sono tutte azioni che sento come risposta di contrasto al capitalismo. Capisco benissimo che il lavoro faccia parte di questo gioco mostruoso e che spessissimo viviamo per lavorare. Tuttз ci siamo dentro - o quasi.
Ci sono anche altri modi, eh. Tipo la campagna, il baratto, l’esproprio proletario e se volete possiamo parlare per ore di Auroville - io lo faccio fin da bambina insieme al mio babbo che sogna di andarci da sempre - ma davvero davvero crediamo che possa migliorare questa nostra società? Mmh.
Torno a bomba: tu smetteresti di lavorare?
Spoiler: dipende!
Dicevo: ho fatto uno esperimento sui social ponendo la stessa domanda su due piattaforme molto diverse tra loro. Su Instagram mi hanno risposto
Progetti che spesso non riusciamo a percepire come lavoro, perché non remunerativi, ma che lo sono a tutti gli effetti: scrivere una newsletter, avere un blog, creare contenuti per i social per i motivi più disparati, non sono un hobby, non un passatempo, non uno sfizio.
Io non guadagno in prima istanza dalla newsletter, dalle illustrazioni che posto sui social o dai rant della Dottoressa Fadda ma mi aiutano a trovare clienti che mi assomigliano, che imparano a conoscermi, e con cui spesso creo una relazione ancor prima che una collaborazione. Voglio sottolinearlo, perché so quanto è difficile dirsi ad alta voce che anche i progetti personali hanno una validità, e un’importanza pari a quella di un lavoro con stipendio.
Su Linkedin invece mi hanno risposto 8 persone di cui: 5 uomini che lascerebbero il lavoro per dedicarsi a “attività appassionanti”, e 3 donne che invece continuerebbero a lavorare ma con meno ansia, e dedicando magari più tempo allo studio. Alcuni dei 5 uomini mi hanno anche fatto notare che una rendita ci cambierebbe la vita. Ma anche qui non è che sono proprio convinta.
Tra queste risposte c’è stata anche quella di
che ha condiviso una ricerca svolta in Germania: 122 persone hanno ricevuto una piccola rendita mensile di 1200€ per tre anni. Indovinate un po’? La maggior parte delle persone non ha lasciato il lavoro, molte hanno studiato per cambiarlo e tutte si sono dichiarate più felici e ricche alla fine dell'esperimento.Mi sembra un ottimo spunto per continuare a ragionare su questa domanda e trovare la propria risposta. A me sembra che non sia solo una questione di lavoro, ma di libertà di scelta, di margine, di respiro.
Forse la domanda dovrebbe trasformarsi in: come cambierebbe il tuo modo di lavorare con una rendita? Oppure potrebbe anche diventare: se avessimo una rendita per non sopravvivere, cosa sceglieremmo di fare?
Nel dubbio, però, se hai notizie di un fondo perduto, un’eredità misteriosa o un miliardario annoiato che adotta freelance: scrivimi.
In queste settimane sono successe tante cose e sono in arrivo nuove collaborazioni.
Con Pomerium Psicologia abbiamo lanciato il loro nuovo progetto Plantology, che è stato selezionato da Fondazione Cattolica per il bando Una mano a chi sostiene. Il progetto intende avviare un vivaio sociale a Roma est dove persone con disagio psichico grave possano coltivare piante, competenze e relazioni. Il vivaio sarà anche un’impresa sociale utile a dare futuro, dignità e autonomia a chi partecipa. Se ti va puoi sostenere questo progetto fino al 30/06: puoi votare qui.
Con
abbiamo ideato un lancio pazzesco di un nuovo servizio dedicato a chi vuole far partire, o rivedere, la propria newsletter. Probabilmente ci siamo complicate la vita con questa operazione, ma mi sento di parlare per entrambe quando dico che ci siamo divertite assai. Manca poco comunque per mostrarti tutto.Non ho ancora deciso le mie ferie estive, quindi fai ancora in tempo a prenotare una call conoscitiva prima che le chiuda. La Clinica Digital ti aiuta a comunicarti, ti insegna come usare gli strumenti digitali, ti offre uno sguardo attento sui tuoi progetti. Ah, ti ridisegna anche la newsletter! Prenota la tua call gratuita qui.
Aspetto di sapere quale sia la tua risposata all’annosa domanda. Puoi rispondermi qui, oppure se leggi da app, puoi commentare, lasciare un cuore e anche condividere questa puntata con chi potrebbe essere interessatǝ.
Grazie per avermi letta.
Ci leggiamo la prossima settimana.
A
Sono Alice Fadda, un’illustratrice che disegna di tutto, anche strategie per comunicare online: ho aperto una Clinica digital, un pronto soccorso per chi vuole tanto comunicare online ma non sa dove mettere le mani. Scrivimi per capire se posso aiutarti, nel frattempo qui sotto trovi i miei servizi.
Qualcosa è gratuita ma richiede davvero tanto lavoro: se ti va puoi lasciarmi una piccola o grande offerta per sostenere questo progetto e il lavoro che c'è dietro offrendomi un caffè o un tramezzino. Grazie.
Onesta: lascerei prima ancora che tu finisca la domanda. Scriverei e basta, cosa che adesso devo relegare fuori dalle otto ore d'ufficio perché non mi frutta abbastanza.
Allora io sicuramente lascerei il lavoro. Ho sempre desiderato lavorare in casa famiglia ma purtroppo con un reddito medio del settore sociale non riuscirei a mantenere tre figlie. E neanche con una rendita di 1200€ al mese. Credo che se potessi permettermelo dedicherei la mia vita a stare vicina a persone o animali che hanno bisogno e pretenderei abbastanza tempo per me, per leggere, camminare nel bosco, dormire, meditare. Ora invece dedico la maggior parte della mia vita a tenere in piedi la baracca, e il tempo per me e per le relazioni è quello residuale. Non resta neanche un secondo per rendermi utile al mondo.