Ciao,
Qui a Roma pare essere arrivata la primavera: fuori c’è il sole, e i glicini sono già esplosi in un lilla pieno e profumano le vie, nonostante l’immondizia buttata per strada. Non è detto che riusciremo a godercela, questa primavera 2025: l’assetto geopolitico è lì lì per saltare in aria da un momento all’altro, i reel della Commissione Europea su cosa non deve mancare nei nostri kit per sopravvivere almeno 72 ore lo confermano e la Terra sta cercando di farci capire in tutti i modi che si è davvero rotta il nucleo di tuttз noi e cerca di farci fuori in ogni modo. Ma, ecco, come biasimarla?
15 anni
Se ti dico di chiudere gli occhi e immaginarti a 15 anni: come ti vedi?
Io, per esempio, vedo una ragazza con pochissimo seno, ma un marasma di emozioni incomprensibili per lo più bloccate dentro a una pancia molto piatta (quanto mi manchi, bella mia): è in quegli anni che ho imparato a trattenere tutto dentro e a somatizzare con mal di pancia e nausee mattutine. Erano avvisaglie di ansia, ora lo so, e forse il medico di base lo aveva più o meno capito, vista la prescrizione di valeriana. Ma di quella roba là io non parlavo, con nessuno.
Sono sempre stata la spalla su cui piangere, una molto brava ad ascoltare, una che ha sempre accudito, con un grande cuore da crocerossina (e la prova provata è quella brevissima storia con quel ragazzo che praticamente era Raji di Big Bang Theory: parlava solo se aveva bevuto, e quando mi baciava i suoi denti sbattevano sui miei).
Sono diventata “l’amica che c’è sempre”, e a lungo me la sono venduta come una delle mie caratteristiche speciali. Ora, grazie alla terapia, so che occuparsi esageratamente delle altre persone, significa mettere molto spesso i propri bisogni da parte, e non ascoltarsi mai perché PRIMA ci sarà SEMPRE il dramma della tua amica da risolvere.
Tra i dialoghi ricorrenti della mia adolescenza con mia madre, ne ricordo uno molto bene che ci siamo trascinate a lungo. Mi ha sempre fatto notare che il mio atteggiamento nei confronti delle mie amiche non era, a suo parere, equilibrato: ero sempre a disposizione per loro, e non sempre lo erano per me. Prestavo, regalavo, condividevo e difficilmente ricevevo qualcosa in cambio. A quei tempi, quei discorsi mi mandavano fuori di testa, convincendomi sempre di più che IO mai e poi mai sarei stata come lei. Anche perché mia madre aveva ai quei tempi solo due amiche, una delle quali si era ormai trasferita in un’altra città. Come potevo prendere consigli da lei? Per me era davvero inaccettabile.
Con quel gruppo di amiche condividevo tutto: sogni, segreti, prime esperienze, e anche la scuola. Siamo state in classe insieme dalle medie fino alla seconda liceo, quando ho dovuto ripetere l’anno. Erano la mia vita, e immaginavo saremo diventate adulte insieme, in una grande città lontane da quel paese buco di culo in cui vivevamo. E invece non è andata così: perché sono andate all’università senza di me e hanno fatto le prime esperienze della vita adulta prima di me, mentre io vivevo ancora con i miei.
Non è stato facile ma: perdere quell’anno è stata la mia salvezza. Non solo perché mi sono pian piano rimessa in careggiata, ma perché in quella nuova classe ho iniziato a mettere le basi della persona che sono oggi. È lì che ho capito quali erano davvero le mie passioni, e lì mi sono sentita libera di provare cose nuove e lanciarmi in sfide che erano solo mie.
Anomalie
Quando si frequenta un gruppo di persone per molti anni, il pensiero, l’immagine che quelle persone hanno di te, inizia a fossilizzarsi. Se al liceo, nella mia nuova classe, mi sono evoluta anche grazie alle persone che erano sedute tra i banchi insieme a me, con quel gruppo di amiche qualcosa di me è sempre rimasta immobile, congelata. E questo vale anche per loro. Ogni momento in cui ognuna di noi ha tentato di differenziarsi, tutte lo percepivamo come un’anomalia, un glitch. Il segnale saltava, con un po’ di fatica si risintonizzavano i canali, fingendo per lo più che nulla fosse accaduto.
In quegli anni, e lo capisco ora mentre ne scrivo, ho imparato una skill di cui oggi sono maestra: switchare in base a chi ho davanti. Non significa che fingo di essere un’altra persona ma decido di tenere delle parti di me, solo per me.
Non credo abbia a che fare con la paura di essere giudicata, perché non avrei mai messo su una newsletter personale ma solo professionale come fanno altrз che scrivono solo di social e comunicazione. Sembrerà pazzesco ma per me è molto più facile condividere con più di mille persone i miei cazzi disegnati, che farlo con persone che mi conoscono intimamente, o quasi, da 30 anni. Perché?
Credo che la risposta sia quell’idea fossilizzata che le persone amiche hanno spesso di noi: pensano di saperci già, di sapere come reagiremo in base agli avvenimenti, si aspettano comportamenti e azioni specifiche da noi, e mai e poi mai si aspetterebbero qualcosa di diverso. L’anomalia, eccola là.
Una cosa che ho imparato con la mindfulness è che quando parliamo con una persona che conosciamo molto bene dovremo cercare di dimenticare tutto quello che sappiamo di lei: dovremo ascoltarla con curiosità, sospendendo il giudizio e qualunque altro pensiero pregresso.
A 40 anni
A 40 anni io voglio provare curiosità, e voglio ascolto attento, sentirmi apprezzata per come sono adesso non per come ero 20 anni fa, anche perché io non sono più come ero 20 anni fa. Sono cambiata enormemente e non senza difficoltà: ci ho messo davvero tanto tempo ad accettare i normali cambiamenti della vita, a capire che va bene così. Volevo fare teatro poi l’ho studiato e non lo volevo fare più, pensavo che mi sarei innamorata solo di stronzi poi ho conosciuto quello che è diventato mio marito, pensavo di tornare a vivere in Sardegna e invece, vivo ancora a Roma, che ormai è casa. Pensavo sarei rimasta amica delle stesse persone per sempre, e che mai e poi mai sarei riuscita a fare nuove amicizie da adulta e invece non era vero niente.
Le amicizie possono evolvere, diventare altro, finire, così come gli amori, e la carta igienica. E fa davvero bene non sentirsi in obbligo di frequentare delle persone solo perché le si conoscono da anni, fa bene ammettere che le cose non rimango intatte, sempre uguali. E soprattutto, fa bene dire ad alta voce: sì, mamma, avevi ragione tu!
In questi giorni sto lavorando a una nuova illustrazione per una newsletter, ho appena chiuso una formazione su Substack e mi sto preparando per una consulenza sempre su questa amata/odiata piattaforma, che pare facile ma quanti trick nasconde!
Nel frattempo il lavoro con Pomerium è partito piuttosto bene, e stiamo pian piano entrando nel pieno dei lavori con le riprese delle nuove rubriche che ho immaginato per loro. Ho scritto anche un brano per Nene Roncoroni ma non posso dire di più.
Lo scorso venerdì sono stata a Succo e insieme ad altre freelance come me, ci siamo poste la fatidica domanda come trovare nuovi clienti? Ho capito che non esiste un’unica risposta ma tante: ogni persona deve trovare il suo metodo, e fare mille tentativi per affinarlo, o cambiarlo totalmente. Ecco perché, in questi giorni riprendo in mano il mio database clienti e mi rimetto a fare un po’ di ricerca e test. Se ti stai chiedendo se potremo lavorare insieme è molto facile e veloce: vai qui, prenota una call conoscitiva e via! Non costa nulla e dura solo 30 minuti, io ti aspetto.
Ho appena finito Lasciarsi cadere di Lidia Yuknavitch, tradotto da Alessandra Castellazzi, che consiglierei difficilmente a qualcunǝ perché non è un libro che ho trovato facile: ci ho messo un bel po’ ad entrarci, e tutte le volte che mi sembrava di avercela fatta mi sbatteva fuori, ma forse le mie aspettative erano troppo alte dopo La cronologia dell’acqua?
Sto leggendo diverse cose ma non ne finisco neanche una: sono in blocco da troppo tempo e non so davvero come uscirne. Dimmi per favore che hai un metodo infallibile per uscire dalle sabbie mobili della non lettura e scrivimelo!
Leggerò Ti ho dato gli occhi e hai guardato le tenebre di Irene Solà, perché è il libro del mese di
.Vado veloce, dicendoti che devi guardare assolutamente Running point e non perché è un Ted Lasso per ragazze, ma perché è divertente e parla di donne che si sono stufate di essere messe in un angolo, ma parla anche di relazioni familiari e di insicurezza. E poi Kate Hudson è davvero SBAM!
Spero che questa puntata di Qualcosa risuoni a più persone: l’amicizia è davvero una di quelle cose fondamentali nella vita ma alla quale ognunǝ di noi si approccia in modo diverso. Sono qui per sapere cosa ne pensi, e se poi vuoi raccontarmi come eri da adolescente non vedo l’ora di leggerti, davvero! Puoi usare lo spazio dei commenti qui sotto, oppure scrivermi.
Va bene anche un cuore e ricordati di condividere questa puntata con una persona amica, o anche nemica, va.
A

Qualcosa è gratuita ma richiede davvero tanto lavoro. Se ti va puoi lasciarmi una piccola o grande offerta per sostenere questo progetto e il lavoro che c'è dietro offrendomi un caffè o un tramezzino. Grazie.
Se penso alla me di quindici anni vedo un'adolescente in preda alle paturnie sull'essere amata e accettata (e quella pancia piatta che probabilmente mai più avrò). Mi sono rivista molto nella tua analisi nel rapporto con gli altri, nel tempo ho capito che bisogna scegliere con cura come investire le proprie energie, e che anche se il primo istinto è sempre quello di rispondere a tutti alle 4 di notte perché sono quella che c'è sempre, va bene anche imparare a dosarsi e preservarsi. È una cosa a cui penso spesso, contenta di averti letta ma meno contenta di dover dare ragione anche alla mia di madre (che come la tua sapeva già tutto)! 🌼
Hai scritto una cosa molto saggia ♥️ mantenere un atteggiamento aperto e curioso quando parliamo con amiche e amici (che siano quelli di sempre o nuovi) è importantissimo. Le relazioni si costruiscono giorno dopo giorno, non dovremmo dimenticarcene. Grazie!