Ciao,
tu sai andare in bici?
Imparare ad andarci per me è stato il mio primo desiderio, uno di quelli grandi, in cui metti tutta te stessa. Uno di quelli che poi diventa vero, non per magia ma per la tenacia e l’ostinazione che tiri fuori. E credo che sia anche per questo che ricordo tutte le cadute fatte.
Ricordo quella dalla cima della discesa del piccolo villaggio dove, fin da bambina, vado al mare: mio padre che mi lascia andare per farmi prendere velocità e io che non riesco a frenare. O quella di quando, in piena adolescenza, mi giro con la testa all’indietro per fare le linguacce a un’amica di allora e appena riguardo in avanti mi accorgo che il danno è fatto: sono uscita fuori strada, cado, la catena mi taglia un polpaccio. E so che non dimenticherò quella con Lila, successa qualche settimana fa: lo sportello di una macchina che ci prende in pieno, noi che andiamo giù, in mezzo alla strada - per fortuna illese (più o meno).
Di tutte queste cadute sento ancora l’adrenalina, la paura. Posso contarne i lividi, toccare le cicatrici, vedere le ginocchia sbucciate. Tutte cadute da cui mi sono rialzata, magari zoppicante, ma ecco sono tornata in piedi. Da ciascuna ho imparato qualcosa. E di certo non ho avuto paura di rimettermi in sella. E allora cosa mi succede adesso?
Questo mese sono caduta, e non solo dalla bici. Dopo tre anni di partita iva vissuti con serenità e gioie lavorative, sono rovinosamente inciampata: la prima collaborazione, quella che aveva dato il via a tutto, si è chiusa in maniera inaspettata, e bruscamente. Da diverso tempo c’erano delle problematiche a cui, forse ingenuamente, avevo sempre risposto in modo accondiscendente, mettendo le pezze, senza mai sottolineare che alcuni di quei problemi non erano proprio tutti miei. Poi, ho finito le pezze e ho detto delle cose ad alta voce, immaginando che si sarebbe creato un dialogo e invece la risposta è stata una rottura, netta, irreparabile.
E io che sono abituata a cadere da sempre, che ho sempre visto nelle cadute e nei muri in faccia una nuova possibilità, un modo per iniziare ancora una volta, mi sono accartocciata su me stessa e non mi sono mossa: sono rimasta a terra e come se avessi sbattuto la testa mi sono dimenticata di tutto quello che avevo fatto in questi anni di lavoro freelance, tutti gli obiettivi raggiunti, le consapevolezze conquistate, le insicurezze sconfitte. All’improvviso è come se mi fossi resettata. Mi sono fatta vuoto: paura e ansia ne hanno approfittato e io le ho lasciate fare. Poi qualcos’altro ha fatto capoccetta: la vergogna.
Non quella che provi quando sbatti su una porta scorrevole che scorrevole non è. Quella è una vergogna che dopo un po’ va via, questa invece mi è rimasta appiccicata addosso, come una cappa pesante e soffocante, che fino a qualche giorno fa non mi ha fatto verbalizzare ciò che mi stava accadendo, se non con pochissime persone. Avevo vergogna a raccontare cosa fosse successo, ad aver perso il lavoro, a vedere la mia agenda liberarsi, a non ricoprire più un ruolo. Non sono bravissima a riconoscere le emozioni che provo e quando ho capito che stavo sentendo vergogna mi sono interrogata molto: mi era mai capitato di sentire una vergogna così forte, così persistente? E come mai la stavo sentendo? Come era possibile che mi stesse paralizzando corde vocali e gambe?
La luce sui miei processi mentali più reconditi è arrivata grazie alle domande della mia terapista: provavo vergogna perché avevo fallito, e non potevo più definirmi attraverso il mio lavoro. Non ero più performante, ecco. Si, lo so, fa strano pure a me, ma alla fine ci caschiamo tuttз in questo giochino, e lo dimostra anche questo post su cui, qualche giorno fa, sono capitata per caso e che mi ha fatto scoprire questa puntata di Amare parole di Vera Gheno (su cui ritornerò).
Avevo due possibilità: abbattermi, avvolgermi nel piumone, nonostante il caldo romano, piangere, mangiare patatine dell’Esselunga fino a farmi venire le coliche oppure ribaltare questa situazione. Guardarla come un’opportunità, come un nuovo inizio. In fin dei conti agenda libera voleva dire più tempo per me. E così, ho ripreso in mano le liste delle cose da fare, messe da parte per colpa del troppo lavoro, e mi sono messa sotto, facendo le ore piccole e ora ho finalmente una Clinica digital tutta mia. Non hai capito, ve? Continua a leggere!
Di solito in questo spazio parlo del mio lavoro, faccenda per me non semplicissima e che mi fa uscire dalla mia comfort zone. Visti i vari accadimenti di cui sopra, ero alquanto terrorizzata: “e ora, cosa scriverò?”.
Ecco, cosa: questo periodo mi è servito per fare spazio, ordine e pulizia mentale. Così, mi sono fatta molte domande sul mio lavoro, su obiettivi, cambi di rotta e desideri. Non erano domande nuove per me: grazie a una consulenza con
ragionavo da tempo sul mio lavoro, e non solo. E oggi sono molto felice e orgogliosa di aprire le porte della mia nuova Clinica digital, il luogo che finalmente parlerà di tutti i servizi che posso offrire a chi vuole comunicare il suo progetto.Un sito rinnovato, quindi, che rispecchia la persona e la professionista che sono diventata, che parla davvero di me e di tutte le cose che faccio. Puoi fare un giro in anteprima nella Clinica, e dirmi se ti piace, se capisci cosa faccio, se ci sono errori.
E se hai bisogno della Dottoressa Fadda, cogli l'attimo e prenota una visita personalizzata prima dell'inaugurazione ufficiale: le prime 2 persone che mi scriveranno avranno diritto a uno sconto del 10% con il codice Curami24.
Scrivimi: hai tempo fino a sabato 4 maggio.
Questo mese poi, mi è servito anche a risvegliare la mia creatività assopita, farci pace, ritrovarmi attraverso le linee, i colori, l’immaginazione. Ho ripreso a studiare e ho disegnato tanto per me stessa, e anche su richiesta: scoprirai di più fra qualche giorno e se sei iscrittǝ a Italia | Mondo, la newsletter di
Ceci.Ho appena finito La taverna di mezzanotte vol.I di Abe Yaro. Era da tempo che volevo leggerlo, soprattutto dopo aver visto la serie Netflix ma ci è voluta una certa mappa per mettermi davanti a questa meravigliosa graphic novel.
Sto leggendo Questa mia carne: scrivere di sé come atto radicale di Melissa Febos, con la traduzione di Federica Principi, e dopo aver letto il suo Girlhood posso dire che la amo e che spero tanto arrivino anche qui da noi i precedenti due libri.
Leggerò… sai che non ne ho idea? Mi consigli qualcosa?
Ovviamente questo periodo necessitava di qualcosa che mi facesse spurgare un po’ di emozioni, ed ecco perché sono finita su One day, mini serie tratta dal bestseller di David Nicholls (mai letto) incentrata sull’incontro e la storia di amore e amicizia tra Emma (Ambika Mod) e Dexter (Leo Woodall). Ogni momento cruciale della loro storia si sviluppa sempre nello stesso giorno, il 15 luglio, nel corso di quasi 20 anni. L’ho iniziata così tanto per, ma l’ho trovata davvero incantevole e con uno sguardo intenso su crescita, evoluzioni e rapporti personali. Unica pecca: il finale telefonato.
Mamma mia, che liberazione dire le cose a voce alta! Questa è stata una puntata per me davvero catartica, in tanti modi. E non mi pare per niente casuale che proprio una puntata sul fallimento sia anche quella che festeggia e celebra i due anni di Qualcosa (!). Fallimenti e celebrazioni viaggiano sullo stesso binario.
Grazie di cuore per avermi letta. Sarò di ritorno a metà maggio con Qualcosa Piccola. E non avere vergogna di parlare delle tue cadute: è il modo migliore per renderle piccole, normali. Prova anche tu!
Qualcosa è gratuita ma richiede davvero tanto lavoro. Se ti va puoi lasciarmi una piccola o grande offerta per sostenere questo progetto e il lavoro che c'è dietro offrendomi un caffè o un tramezzino. Grazie.
Che bellezza e che liberazione poter raccontare - e noi poter leggere - di tutte queste emozioni che sono le emozioni di tutt*!
Io credo fortissimo nelle cadute da cui poi ti rialzi più decisa di prima. Oggi festeggiamo una te che avevamo intravisto già da tempo, ma ogni seme ha il suo ritmo, cresce come e quando gli pare. Poter osservare tutto questo dalla prima fila, anzi dal retropalco, per me è un grande onore. Benvenuto maggio, benvenuta Dottoressa Fadda. GO GO GO GO!