Qualcosa su settembre
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Ad agosto mi sono sentita spesso come su una zattera.
C’è stata una notte in cui il maestrale soffiava forte, come solo in Sardegna, e io ero sul letto e mi sembrava davvero di stare su delle assi di legno, scricchiolanti, a sperare che il vento non squassasse tutto. Lui fingeva di spegnersi, bisbigliando per pochi attimi e poi riprendeva fiato ancora più forte, sbatteva sulle serrande, come se avesse davvero le mani.
Settembre sta per finire e mi sembra di stare ancora su quella zattera lì. Avevo sperato con tutta me stessa che questo mese non fosse il prolungamento di agosto e invece… Ho ripreso parte del ritmo solo la scorsa settimana: le valigie sono tornate lentamente al loro posto, ho risistemato tutti i cassetti della mia stanza dopo il furto di metà agosto (eh!), prendendomi i tempi necessari a metabolizzare il tutto. Abbiamo festeggiato i 4 anni di Lila e poi last but not least la scuola ha riaperto le porte e ora la mia dolcissima figlia è affare delle maestre. O almeno dalle 9 alle 17, ecco. Poi da qualche settimana ho anche un nuovo super potere per arrivare all’ora di cena sana e salva: degli auricolari che abbassano tutto quello che succede fuori dalle mie orecchie, compresa la voce adorabile di mia figlia. Dolcissima e adorabile si, ma non quando suona la fisarmonica (grazie G.) o urla guardando i cartoni.
Settembre
Ma quanto era bello quando settembre si vestiva di speranze, ottimismo, buoni propositi e avevi l’agenda nuova da cui ripartire? Che poi forse era solo un'immagine da feed Instagram, perché a pensarci bene per me settembre è stato così solo l’anno in cui mi hanno bocciato al liceo: quello si che fu un capodanno psicologico coi fiocchi. Questo settembre qui invece ha un gusto amarognolo, come quando mangi qualcosa dopo tantissimo tempo che ti ricordavi essere buonissimo e invece
Ho la testa ancora in disordine, questo è. Mi sento come quando vado all’Esselunga con la lista della spesa in mano ma totalmente incapace di capire dove trovare i prodotti perché non ho ancora memorizzato dove diavolo sono i reparti. E alla fine esco con solo la metà della lista.
Poi mentre mi arrovellavo per non trasformare questo numero di Qualcosa in una lista patetica di sole lamentele, mi sono ricordata una cosa. Era solo un anno fa, proprio di settembre, che decidevo di fare le cose sul serio. Ho preso una lunga lunghissima rincorsa, durata all’incirca tre anni: da un ufficio dell’ispettorato del lavoro a un numero di 11 cifre, la mia partita iva. In mezzo c’è stato un mare in tempesta, giornate in solitaria con una creatura in continua evoluzione e con una persona che aveva la mia faccia, il mio corpo, ma che non riconoscevo più. Mille mila vaffanculo sussurrati, urlati, scritti, lacrime e seconde colazioni alle 11 del mattino. C’è stato anche mare calmo eh, quello perfetto per mettersi a galleggiare a pancia in su, con le braccia larghe, perfetto per prendersi il tempo necessario per ascoltarsi e fare amicizia con la nuova me. Che poi ero sempre io ma solo un po' diversa. Ci siamo parlate a lungo e ci siamo convinte che quella vocina, che sentivamo entrambe, non sempre diceva il vero: potevo rimettermi in gioco, avevo le carte in regola anche se non avevo la laurea in Scienze della comunicazione, potevo farcela davvero. A riguardarmi indietro, oltre le spalle, mi sembra sia passato così poco tempo. A guardarmi le punte delle scarpe, invece, mi sembra di averne fatta di strada.
Va detto che il fato ci ha messo lo zampino: un messaggio inviatomi da una certa persona ha cambiato le cose, preannunciando la possibilità di un certo lavoro che aveva a che fare con lo stesso lavoro che mio nonno e mio padre hanno fatto per tutta una vita.
Alla voce che voleva farmi dire no ho risposto: questo è un segno, bella mia, taci! E così la possibilità è diventata reale e per la prima volta nella mia vita ho fatto delle call con delle persone in giacca e cravatta, ho lavorato a una strategia di comunicazione insieme a un’altra persona, l’abbiamo presentata in una sala riunioni e io non sono morta. Anzi. Da lì in poi ho avuto il coraggio di fare tantissime cose, pure dire di no a un lavoro che così a guardarlo da fuori sembrava bellissimo ma che mi avrebbe riportata in un baratro fangoso fatto di ore sottopagate, e di cose non definite che mi si sarebbero ritorte contro. A me, la partita iva ha aperto gli occhi, mi ha insegnato a darmi un valore, e ogni giorno imparo qualcosa in più: ora faccio meno fatica a fare i preventivi, che sono molto più carini, e poi so anche fare una fattura elettronica senza problemi. Vabbè, più o meno.
Quindi forse è arrivato il momento di vedere settembre come un anniversario, e smettere di aspettarsi da lui rinascite o ripartenze.
Basta dargli tutto questo peso: in fin dei conti è un mese come gli altri. Non ha nessun potere. Il potere lo abbiamo solo noi.
Ho appena finito il primo volume di Sandman, Preludi e notturni scritto da Neil Gaiman e disegnato da Sam Kieth, Mike Dringenberg, Malcolm Jones III, dopo averne sentito parlare da Mara Famularo in questo articolo. Dopo aver letto questo primo volume sento di dover dire che a) non ci ho capito nulla, b) questa cosa qui mi è piaciuta moltissimo c) andrò avanti perché muoio dalla curiosità di sapere tutta una serie di cose.
Sto leggendo La cronologia dell’acqua di Lidia Yuknavitch, con la traduzione di Alessandra Castellazzi, perché il 14 ottobre insieme a Strategie Prenestine la incontriamo per una piccola chiacchierata e poi la ascoltiamo parlare del suo libro insieme a Nadia Terranova, all’Alcazar, qui a Roma. Sono molto contenta di averlo iniziato, nonostante mi fossi promessa di non acquistare libri nuovi fino a quando non terminavo quelli già presenti nella mia libreria, ma era da un po' che non mi sentivo rapita da un romanzo in questo modo. Che meraviglia!
Leggerò Capire, fare, reinventare il fumetto di Scott McCloud: perché è arrivato il momento che mi metta giù a studiare in modo più approfondito il vasto mondo dei fumetti. Me lo ha consigliato Federico Cerminara in uno scambio di mail bellissimo iniziato dopo che ha letto un articolo sul mio blog: anche lui va alla avventura di strisce, tavole e chine, imparando una miriade di cose nuove, proprio come me. Domani poi organizza un incontro a Casetta Rossa su Camerette, romanzo (rosa) a fumetti di Frita, che avevo in whishlist da un po'.
Vi lascio un promemoria qui sotto e magari ci vediamo lì!
Questa estate ho preso una tramvata forte per Roar, serie tv Apple composta da otto episodi autoconclusivi, tratti dall’omonima raccolta di racconti della scrittrice Cecilia Ahern. Ogni episodio, con una buona dose di umorismo dark e realismo magico, racconta di una donna che combatte contro qualcosa, tutte cosette da nulla come razzismo, rapporti tossici, vendetta, maternità, la propria morte. I primi due non mi avevano entusiasmato particolarmente (sorry, Nicole Kidman) ma dal terzo in poi ho sentito i fuochi d'artificio. Sono arrivata anche a leggermi un articolo sul patriarcato delle anatre sul New Yorker perchè citato in uno degli episodi, forse il più pazzo e bello di tutti: La donna nutrita da un'anatra.
Aggiungo che le due creatrici sono Liz Flahive e Carly Mensch, le stesse di Glow. A me sembra abbastanza per convincervi, no?
Che dire? Ogni volta penso di non avere idee e poi riesco sempre a tirare fuori Qualcosa. E dopo questa freddura vi saluto e vi ricordo che se volete scrivermi la vostra su settembre o su qualunque altra cosa vi sia venuta in mente sono felicissima di leggervi!
Ciao, Alice