Ciao,
per scrivere questa newsletter ho dovuto ricordarmi della rabbia, che avrà anche
Ora, possiamo iniziare.
Sono tempi stanchi questi, in cui mi sento indietro su tutto e provo man mano a recuperare pezzi di cose che ho perso per strada. Cosa ho ritrovato?
Questa newsletter di
Mi è tornato in mente di quando, nella mia testa, avevo iniziato a ragionare alla mia idea di newsletter, alle cose di cui volevo parlare. Ho ricordato che una volta, prima o poi, mi sarebbe piaciuto parlare del NO, della sua potenza, della sua energia, e di quanto, molto spesso, sia così difficile da pronunciare.
Ci ho pensato bene, e oltre a quelli che immagino di aver detto e ripetuto un mucchio di volte quando avevo le codine sempre ben fatte, davanti a un piatto di cavolfiori, o alle alici nella pizza (tutte cose con cui sono in pace adesso), ne ricordo pochi altri. Credo, anzi, che ci sia stato tutto un periodo della mia vita in cui mi fossi convinta (costretta?) a dire sì, per mostrarmi coraggiosa, figa, amabile, interessante, simpatica, disponibile, amichevole. Poi c’è stato anche il periodo in cui non potevo permettermi di dire no: avevo bisogno di lavorare e andava bene tutto. Andava bene anche lavorare al botteghino di un teatro in cui facevo le ore piccole, da cui andavo via quasi sempre in lacrime. Sono passati più di dieci anni ma riesco a vedermi, nitida, al semaforo di Terme di Caracalla con lo sguardo liquido incapace di pensare a un futuro diverso da quello, bloccata nell’impossibile. Poi però non sono morta, ne sono uscita dicendo(mi) “No, non voglio continuare così”.
Ora so, a pensarci bene, che quello lì era un seme, piccolissimo ma forte. Si è fatto spazio, ha messo radici, mi ha insegnato che il possibile esiste.
Grazie a quel seme, qualche anno fa, con la partita iva freschissima di registrazione ho saputo dire di no a un’offerta che sulla carta era più che allettante, una di quelle di cui mi sarei potuta vantare alle cene: il nome era altisonante, sbrilluccicava tutto, la sede poi, era da fiato sospeso. Peccato che…
Sì, c****, hai capito bene. L’offerta era di 6000€ annui per gestire l’intera comunicazione online di una Fondazione d’arte, cioè: fare una strategia, produrre contenuti per sito e per Instagram, Facebook e YouTube, seguire le dirette di eventi - tra cui un Festival di 4 giorni, a luglio - non solo quelle già calendarizzate ma anche quelle che sarebbero potute uscire nel corso dei mesi, e poi coprire mensilmente le mostre, seguire delle giornate di orientamento per università e scuole, pubblicare almeno una volta a settimana dei saggi critici su sito, con relativo post social, monitorare la rassegna stampa, e ideare e lanciare una campagna di donazioni per la Fondazione. Ah! E dei quiz giornalieri sul mondo dell’arte su Instagram, per creare una community interessata e partecipe.
In pratica sarei stata la loro (zombie) social media manager, ogni minuto della mia vita a meno di 500€ al mese. Devo ammettere però, di non aver realizzato subito: mi sembravano ovviamente pochissimi soldi ma che occasione era poter dire di lavorare per XXXXXXX? E infatti sono uscita da lì con un mezzo si e soprattutto con la promessa di preparare una bozza di piano editoriale, che è tipo la cosa più sbagliata che si possa fare, 1. perché prima di firmare il contratto, e di avere almeno un acconto non si fa nulla, e 2. il piano editoriale è uno dei frutti della strategia, quindi richiede tempo e analisi e 3. il lavoro si paga sempre, giusto per ripeterlo.
Mezzo sì quindi, ma con una strana sensazione. Continuavo a vedermi sorridere forzatamente alle battute - di quello che sarebbe dovuto diventare il mio capo - su come in Sardegna ci siano solo pecore, sul font che non voleva vedere nella mia bozza di piano editoriale, o peggio ancora a quelle dedicate alla sua compagna (non presente al colloquio) e alla sua assistente. Guidando per tornare a casa non facevo altro che organizzare mentalmente tutta quella mole di lavoro, sentendomi già sopraffatta. A salvarmi sono state le chiacchiere con un’amica e collega freelance: mi ha ascoltata e poi è tornata indietro su tutti gli elementi e fatti che le avevo raccontato, mostrandomi le numerose red flag. Anche dette zucchine.
Era tutto sbagliato: il budget, il lavoro, le richieste, quel colloquio e l’atteggiamento nei miei confronti. Ma ancora di più era sbagliato che mi fossi fatta abbindolare da quel lavoro culturale così affascinante. Perché è così che ci fregano: ci sembrano lavori da sogno, immaginiamo di prendere tanti soldi, e se questo punto non è vero va bene uguale perché ci aspettiamo che magicamente ci diano anche uno status sociale, una cappa dorata che ci mostrerà alle altre persone come delle meravigliose creature fatate. E invece la cappa non è nient’altro che il vestito nuovo dell’imperatore, che ci lascia a chiappe scoperte.
Ho aspettato invano il programma su cui avrei dovuto fare la bozza di piano editoriale, e dopo un paio di giorni ho mandato una mail che diceva NO.
Vorrei dirti che bastò, ma per ben una settimana ho dovuto spiegare le mie ragioni (all’assistente, che mi riportava i messaggi del “capo” nonostante fosse in copia) sentendomi dire che se volevo maggiore controllo nella strategia potevo fargli avere un piano su come impostarla, inviare una presentazione e tornare da loro per discuterne. La mia risposta è stata un listino dei prezzi di tutto quello che mi avevano richiesto compresa la presentazione: il totale era circa di 12600€. Indovina un po’? Sono scomparsi. Come direbbe mia figlia: “pufff!”.
Dire no non è facile: è faticoso, ci si incastra tra lingua e palato, ci fa sentire in colpa. Ma quando viene fuori con il suo suono tondo è liberatorio, potente, magico, salvifico. A volte ci vuole tempo a vedere cosa si porta dietro, ma quando succede diventa segno indelebile. Lo puoi guardare tutte le volte che vuoi per ricordarti delle conquiste fatte. E se c’è qualcosa che vorrei portarmi nel 2025, sono proprio queste due lettere così piccole e così immense. Lo auguro anche a te.
Una cosa che mi piace sempre tantissimo del mio lavoro sono le call conoscitive, perché chiacchiero con persone a volte sconosciute, altre semi conosciute e scopro cose personali, progetti nascosti e idee luminose. Questo mese ho chiacchierato con una scrittrice, un falegname, una quasi associazione di donne che lavorano nel mondo dei trasporti e delle infrastrutture, e con uno studio di psicologi. Non tutte le call vanno in porto, ma per me sono sempre semi di cui prendersi cura.
Ne ho piantato uno insieme anche a
ma per adesso non spoilero nulla. Ah, ho anche immaginato una cosa che mi fa paurissima ma che arriverà con il 2025 e di cui ti parlerò appena sarà vera.A proposito (!) se hai buone intenzioni per l’anno nuovo, tanta voglia di lavorare alla tua comunicazione, necessità di aiuto e consigli scrivimi adesso così fermi il tuo spazio nella mia agenda: ci sto già lavorando e… meglio sbrigarsi!
Ho appena finito Atti puri di Alice Scornajenghi, dei racconti porno distopici che mi hanno divertita e lasciata abbastanza sbalordita. Potrei dire di aver trovato il mio genere letterario preferito, ma forse meglio non allargarmi, perché potrebbe essere solo un colpo di fortuna.
Sto leggendo Tutta sola al centro della terra di Zoe Thorogood e sono già innamorata follemente della storia, del suo stile, dei suoi disegni, della sua testa, e qualcosa mi dice che verserò grosse lacrime. Sto leggendo anche Sciame di Martina Sarritzu, regalo della mia amica Brune: molti cuori anche qui.
Leggerò Compagna Cuculo di Anke Feuchtenberger, regalatomi da Sarah per i miei 40 anni. Una graphic novel di cui non so nulla se non che ha richiesto dieci anni di lavoro: già sbavo.
Solitamente qui ci trovi dei consigli di cose che ho visto e sentito, ma stavolta invece ti racconto di una cosa che mi sta facendo battere il cuore: sto leggendo insieme a mia figlia Lila il primo libro di Harry Potter ed è bellissimo! Amo fare questa cosa con lei e non vedo l’ora che arrivi il momento di andare a letto per leggere insieme. Peccato si addormenti quasi sempre prima della fine del capitolo!
Allora, raccontami un po’: tu hai mai detto no consapevolmente? Sono curiosa di sapere la tua storia e se ti va puoi usare lo spazio dei commenti qui sotto, oppure scrivermi qui.
Va sempre bene anche un cuore e ricordati di condividere questa puntata con chi ha bisogno di una spinta per dire no.
A

Qualcosa è gratuita ma richiede davvero tanto lavoro. Se ti va puoi lasciarmi una piccola o grande offerta per sostenere questo progetto e il lavoro che c'è dietro offrendomi un caffè o un tramezzino. Grazie.
Grazie per questa puntata, Alice 💛. Anch'io sono rimasto tante (forse troppe) volte incastrato nel non sapere dire 'no'.
E come dici benissimo, è l'esperienza (e magari qualche voce amica) che fa imparare a dirli, quei no. Soprattutto a darsi e dare il giusto valore al lavoro.
Ho letto per la prima volta Harry Potter quest'estate, prima in inglese, e poi a mio figlio in italiano: mi é piaciuto un sacco! Hai fatto benissimo a dire di no, la proposta di lavoro era indegna.